Come avviene la deambulazione, come cammina l’essere umano? Si sa, si muove su due soli arti e lo fa un passo dopo l’altro. Nulla di più semplice, visto che, del resto, ci riesce pure un bambino. Eppure il bambino impara a farlo a costo di tante cadute e, magari, impara a farlo male, proprio perché i genitori vogliono risparmiargli di cadere.
Così in passato è stato messo in commercio, per esempio, il girello, col quale il bambino si sposta, sì, ma dire che stia camminando è un eufemismo. Il peso è sostenuto da una sacca agganciata alla struttura del girello, che poggia a sua volta su delle ruote. Dalla sacca sbucano le gambe, con le quali il bambino certamente si muove, spingendo a terra, ma non ha alcun interesse a poggiare bene i piedi né a trovare il proprio equilibrio, perché comunque è sostenuto dalla struttura.
Altre pratiche prevedono che il bambino venga tenuto in piedi da un adulto che gli tiene le mani e lo accompagna passo dopo passo. In questo modo il piccolo avrà un baricentro alto e spingerà più verso l’alto che in avanti, assumendo un passo molleggiato. Inoltre, anche in questo caso, non farà alcuno sforzo per trovare la propria stabilità, perché tanto i genitori o chi per loro lo terranno dalle mani, guardandosi bene dal farlo cadere per terra! Infine, per spingerlo a muoversi, l’adulto avanzerà il braccio destro creando uno squilibrio, creando un vuoto su questo lato e il bambino lo colmerà avanzando col piede destro. Così farà anche a sinistra e poi ancora a destra, imparando a muovere il braccio destro col piede destro e il sinistro col sinistro. Nulla di più sbagliato!
Come nella vita, purtroppo, si impara realmente una lezione solo cadendo e trovando ogni volta la forza di risollevarsi. Queste ed altre pratiche simili, invece, viziano il cammino del bambino fin dal principio, creando errori posturali e di deambulazione che probabilmente si porterà dietro per tutta la vita. Per questo è importante avere una guida esperta, un istruttore certificato, che ci insegni a camminare. E anche per questo nasce Camminataveloce.it.
Camminare è come scrivere una storia
Per parlare di deambulazione dobbiamo innanzitutto definire alcuni concetti base, evitando di andare troppo sullo specifico. Innanzitutto il cammino è come una storia, cioè un percorso che noi facciamo. Comincia sempre con un equilibrio iniziale, la rottura di quell’equilibrio, il raggiungimento di un nuovo equilibrio (più avanzato del primo) ed un eventuale premio. Questo è lo scheletro di ogni testo, ci insegnano Algirdas Greimas e la semiotica. E in fondo, a pensarci bene, camminare non è anche questo?
Prima stiamo fermi, in equilibrio, rompiamo l’equilibrio per andare da qualche parte, per esempio per prendere un bicchiere d’acqua sul tavolo a pochi passi da noi. Perdiamo l’equilibrio portando il peso in avanti. Per non cadere avanziamo un piede, trovando un nuovo punto di appoggio, un nuovo equilibrio più avanzato del primo. Ed ecco, è questo il primo passo e, un passo dopo l’altro, arriviamo alla nostra meta, conquistiamo il nostro meritato premio, quel bicchiere d’acqua, ponendo fine alla nostra sete.
La postura
La postura è proprio quell’equilibrio iniziale. Non è lo stare ben diritti come insegnano tra le fila dell’esercito, no. La postura è qualcosa di estremamente più dinamico, ha una triplice funzione: equilibrio, confort ed economia. Stare in equilibrio, quindi non cadere, starci in maniera comoda, senza dolori né fastidi, e reagire in modo economico, cioè col minimo dispendio di energie, alla gravità e alle accelerazioni, generando quelle che sono le reazioni posturali.
Il risultato di tutto ciò è la camminata, data da almeno tre fattori:
⇒ aspetto biofisico, cioè il movimento muscolare vero e proprio;
⇒ aspetto biochimico, ovvero i riflessi neuromuscolari;
⇒ aspetto psichico, cioè la motivazione che ci muove, che ci muove letteralmente parlando in questo caso.
Appare quindi superfluo dire che il modo in cui camminiamo esprime la nostra personalità. Depurare il nostro camminare dai vari condizionamenti psicofisici non significa però perdere personalità e appiattirci su un unico stile. Quello che ci interessa è trovare una tecnica naturale e salutare, ma sarà comunque una cornice, entro la quale ciascuno sarà libero di dipingere il quadro che più sente proprio. Un bravo istruttore di camminata sportiva non genera soldatini ma persone consapevoli. La camminata è innanzitutto un esercizio di attenzione e consapevolezza.
L’appoggio monopodalico e l’appoggio bipodalico
Abbiamo detto più volte che quello che distingue la camminata dalla corsa non è la velocità (a volte si può andare più veloce camminando, ad esempio va più veloce un camminatore sportivo di uno che fa jogging), ma la fase di volo, cioè quel momento, magari infinitesimale (come nel caso della corsetta, appunto), in cui entrambe le gambe stanno sospese in aria, al limite a pochi centimetri dal suolo. Nella corsa, in altre parole, si ha soltanto l’appoggio monopodalico, cioè di un solo piede per volta. Si passa da un piede all’altro saltando.
Nella camminata, a prescindere dalla velocità (sia la passeggiata, la camminata sportiva o la marcia), oltre all’appoggio monopodalico, c’è una fase (che diventa minima e quasi impercettibile via via che si aumenta l’andatura) di appoggio bipodalico, in cui cioè il piede che è in aria tocca il suolo quando ancora l’altro non ha lasciato terra. Questo evita naturalmente qualsiasi tipo di sollecitazione dannosa alle articolazioni e, inoltre, richiede un movimento armonioso e costante e una piena rullata del piede, con tutti i benefici che essa comporta.
La rullata del piede
Per comprendere quale sia il giusto movimento del piede dobbiamo fare un salto nel passato e parlare del tampone. Non del tampone cui ci ha abituato il Covid, ho detto un salto nel passato, non nell’attualità. Stiamo parlando del tampone asciuga inchiostro. Si accompagnava a penna e calamaio e rimase in molti casi in uso anche con l’arrivo della penna stilografica, per finire nella vetrinetta degli oggetti d’epoca dopo la nascita della penna a sfera. Questa consentiva il giusto dosaggio dell’inchiostro, quello appena necessario a impregnare il foglio. Il compito del tampone era, appunto prima della penna Bic, di assorbire l’inchiostro in eccesso. Per farlo serviva un movimento rullato, senza alcun strofinio che avrebbe generato sbavature sulla carta.
Allo stesso modo il nostro piede non deve strisciare sul terreno se vuole scrivere una bella storia, senza sbavature. Ma come fare? Semplice e complicato allo stesso tempo. Il piede deve poggiare nella sua interezza ma in modo rullato, devono cioè alternarsi tutte le sue parti al contatto col suolo: tacco – pianta – punta. Nulla di simile al passo militare, che batte per terra il piede in ogni sua parte contemporaneamente.
Il tallone ha il compito di assorbire l’impatto. Ovviamente l’urto non è lo stesso che si ha con la corsa, perché, quando questo tocca il terreno, sebbene il corpo sia lanciato in avanti, parte del suo peso scarica ancora sulla punta del piede che sta dietro e sta per lasciare il suolo.
Viene poi il turno della parte mediana del piede. A poggiare è essenzialmente la parte più esterna, quella interna è infatti sollevata a mo’ di volta, non poggia, tranne casi di pronazione davvero eccessiva (il cosiddetto piede piatto). Questo secondo momento della rullata ha la funzione di finire l’assorbimento dell’impatto, sostenere il peso pieno del corpo durante l’appoggio monopodalico (quando il baricentro è proprio sopra il piede e non fra un piede e l’altro) e accompagnare il movimento alla terza fase.
Ecco che il testimone passa all’avampiede, in particolare la parte interna e l’alluce, che ha più forza di tutte le altre dita. Il suo compito sta nel dare lo slancio al corpo in avanti, mentre avanza l’altro piede e si prepara all’atterraggio sul tallone. Per consentire un valido slancio, serve che ci sia spazio sufficiente fra le dita come quando camminiamo a piedi scalzi, in modo che l’alluce poggi la sua base e non la parte esterna, evitando fenomeni come il valgismo. Delle buone scarpe avranno quindi una punta molto ampia. Consigliati anche i distanziatori per le dita del piede, per evitare questo fenomeno o comunque correggerlo nel tempo.
Quanto alla parte posteriore della calzatura, è importante che il tacco sia smussato e non retto come nelle scarpe da matrimonio, in modo da favorire l’appoggio del piede e la sua rullata, proprio come è smussato il nostro tallone. E, poi, è importante che il drop, cioè il differenziale tra l’altezza del tacco e l’altezza della punta, sia minimo, vicino allo zero, proprio come quando si sta a piedi a terra. Ovviamente si può avere una suola anche alta e ben ammortizzata, ma se lo è nella parte posteriore deve esserlo egualmente nella parte anteriore.
Purtroppo molte calzature, anche ginniche, hanno un tacco molto più alto della punta, fino ad arrivare all’estremo alle scarpe eleganti da donna che hanno quei tacchi sottili e alti. Il polpaccio sta così in perenne tensione e il piede non può fare la benché minima rullata, ma poggerà solo l’avampiede, magari poggeranno addirittura solo la punta delle dita. Spesso questa è anche molto stretta e in tal modo, di fatto, tutto il peso si concentra sull’alluce, che sarà spinto sempre più a piegarsi o addirittura accavallarsi sulle altre dita! Ci sono donne bravissime a tenere l’equilibrio su questi trampoli e poi hanno serie difficoltà a camminare scalze o con buone calzature sportive. E non vanno certamente biasimate.
Nel nostro catalogo ho voluto inserire solo scarpe che rispecchiano tutti e tre questi parametri, ma avremo modo di affrontare questo argomento in un articolo dedicato.
In una camminata sana il risultato è un movimento fluido e armonioso, senza fermate. Possiamo provare a camminare sugli avampiedi come se avessimo dei tacchi e noteremo uno stop ad ogni passo, sarà come zappare. Riepilogando, il movimento del piede è formato da tre fasi:
ATTACCO – APPOGGIO – SPINTA
che sono a carico essenzialmente di
tallone – pianta – alluce
Il movimento elicoidale
La rullata del piede, accompagnata dalle giuste reazioni posturali, genera un movimento elicoidale dal basso verso l’alto, come una scala a chiocciola, che tocca tutte le catene muscolari fino al capo. È una sorta di srotolamento che genera un vero e proprio massaggio salubre, cosa che purtroppo non avviene con la corsa.
Questo movimento avviene in maniera sciolta grazie a quattro snodi, quattro articolazioni fondamentali, che funzionano come dei cingoli. Sono:
⇒ la caviglia
⇒ l’anca
⇒ la spalla
⇒ la mandibola
Ovviamente anche le ginocchia hanno un ruolo fondamentale, ma non ai fini del movimento elicoidale. Per intenderci, abbiamo visto come il piede poggi prima sul tallone, poi sulla parte mediana esterna (estroflessione) e infine su quella anteriore interna (introflessione): non è un semplice movimento a tampone su un asse, ma c’è una leggera rotazione.
Ciò è dovuto all’articolazione tibio-tarsica, ovvero la caviglia, che consente questo movimento. Il ginocchio, invece, permette un movimento su un asse solo. Come vedremo, anche le altre tre articolazioni garantiscono questo movimento su più assi.
Il passo e la falcata
Camminare è dunque un percorso lineare (si va cioè da un punto all’altro nello spazio, da qui a lì), ma è al tempo stesso elicoidale (se consideriamo la propagazione del movimento in verticale, da giù a su) e, infine, può essere visto anche come un moto ciclico, dato che una volta poggia un piede e una volta l’altro, alternandosi.
Ma cosa intendiamo con passo? Spesso lo si confonde con la falcata. Quando si dice di avere una falcata ampia si pensa alla distanza fra un piede e l’altro durante la camminata. Sbagliato, quella è l’ampiezza del passo. Per evitare di fare ancora confusione definiamo questi concetti una volta e per tutte.
Il ciclo del cammino, detto anche falcata, ha inizio con il contatto del tallone di un piede e si conclude nel momento in cui lo stesso tallone ritocca il suolo.
Un ciclo si compone di due passi. Il passo è quindi la distanza che intercorre tra il momento in cui un piede poggia il tallone e quello in cui a toccare il terreno è il tallone dell’altro piede.
Quanto deve essere lungo il passo?
Ovviamente la risposta è relativa, dipende essenzialmente dalla lunghezza delle gambe ma non solo. Di sicuro è bene allungarlo il più possibile senza però farsi del male. Un passo lungo, unito a una spinta energica del piede, che sia in avanti e non verso l’alto, e a una buona tecnica fluida, capace di recuperare la forza impiegata nella spinta senza disperderla con uno stop del movimento, sono il segreto per una velocità elevata. Ovviamente ci sono altri segreti, ad esempio è fondamentale la spinta del bacino e la tensione del busto, tutte cose che vedremo.
In generale, sia chiaro che non è soltanto una questione di forza ma innanzitutto di flessibilità delle articolazioni. Più siamo morbidi e più saremo anche fluidi, quindi si disperderà meno energia e raggiungeremo velocità elevate con un dispendio minimo di forza. Questa è la cosa che più sorprende coloro che si approcciano per la prima volta alla camminata sportiva: “Come mai vado più veloce facendo meno fatica?“. La risposta è: “Perché stai imparando a camminare, quantomeno a camminare bene”.
Per poter definire la giusta tecnica della camminata sportiva scomporremo il movimento nelle sue parti essenziali: gambe, bacino e anche, busto, spalle e braccia, fino al collo e alla testa. Tratteremo questi argomenti in prossimi articoli a se stanti, perché riteniamo che ciascuno meriti la dovuta attenzione.
In realtà il drop zero, che ho anche utilizzato in corsa, a me (e non solo a me) dà dei problemi per il tendine di Achille.
Sì, è vero, può dare problemi. Bisogna approdarvi progressivamente. Lei proveniva da un paio di scarpe normali? Io ho preso un drop zero dopo un anno intensivo con scarpe con un drop da 3 mm. In questo modo non dovrei avere problemi. Del resto il drop zero è un ritorno alla natura, perché il piede, per definizione, non ha differenza di altezza tra tacco e punta.